Il viaggio non può essere mai incessante, l’adrenalina della scoperta, dei nuovi incontri, delle nuove mete sognate è un fuoco che ha bisogno della pausa, in cui nel silenzio del bosco si va a fare legna, per poterlo riaccendere.
Non parlo solo dei viaggi all’altro capo del mondo, né di quelli dietro casa, parlo della vita. È un periodo di accelerazione, tutto corre e non si sa bene dove, ad alcuni, molti, sembra che si vada veloci verso un baratro. Altri, che fanno meno rumore, sentono che le condizioni stesse della vita stanno mutando radicalmente, che molte cose non vanno più bene e non possono più stare al loro posto, devo cambiare radicalmente o sparire. L’evoluzione sembra procedere più veloce che mai e alcune cose si estingueranno.
Quando stai dentro una tempesta difficilmente puoi capire la direzione da intraprendere, difficilmente puoi cogliere il senso del forte disagio che stai vivendo. Quella tempesta però spazza il cielo, pulisce l’aria e porta nuova acqua sulla terra. Molto spesso lo capirai solo dopo e forse ringrazierai la tempesta.
Siamo tutti dentro piccole e grandi tempeste personali, relazioni che si rompono o si creano, lavori instabili spazzati via da un mondo che si fatica a capire, mutamenti di opinioni, di clima, di società, la cui comprensione richiede spesso nuove parole e nuove prospettive.
Maggiore è la velocità, maggiore è l’attenzione richiesta. Solo che per restare sempre attenti ci vuole concentrazione e gli stimoli sono tanti, troppi. Ci giungono voci e pensieri da ogni dove, amplificati da mezzi di comunicazione sempre più piccoli, sempre più portatili, sempre più parte della nostra vita.
L’estate viene per fortuna in soccorso di questa mia filosofia pratica, che non vuole riempire testi e fare spettacolo. Il verde ormai maturo, la luce intesa dal mattino alla sera, il caldo che rallenta corpo e mente, indicano una via di uscita e come sempre lo fanno attraverso il bisogno, perché senza che qualcuno o qualcosa ci costringa a fermarci, chissà quanto ci consumeremmo inutilmente.
L’estate impone la sua quiete anche in questa epoca di presunta onnipotenza, in cui si crede che tutto possa essere piegato ai nostri voleri, in cui non esistono veramente leggi della natura che non si possano sovvertire.
Il sole scalda l’aria e costringe i corpi a cercare riposo, le menti si fanno meno acute e tutto si prolunga, come le ombre delle lunghe sere estive. Viene difficile rispettare scadenze e programmi. Per un attimo, per fortuna, tutto deve rallentare.
Lo sguardo si posta, verso le montagne o verso il mare. La produttiva e sempre sveglia pianura cede piano piano il suo potere e anche le città iniziano a tacere. Il silenzio è il momento in cui tutto può succedere, perché è nel nulla, che non è mai un niente, che nasce qualcosa.
La vacanza allora non è un lusso, non è un capriccio, è necessità. Necessità è rallentare, uscire dai soliti percorsi esistenziali, fare deviazioni, non importa dove. Io cerco di non dividere il mondo in bianco e in nero, se hai bisogno di un resort in una costa mediterranea, di un ombrellone nella riviera adriatica, segui il tuo bisogno. I vulcani dell’Indonesia sono magnifici ma non fanno miracoli, quelli accadono anche nella strada di campagna dietro casa.
Io spegnerò il computer, lascerò le urgenze che non sono quasi mai urgenti, lascerò il mio ufficio sedentario o mobile, seguirò le vie dei monti per cercare di fare il vuoto, affinché tutto si possa riempire di nuovo, meglio.
Buone vacanze!
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