Bisogna imparare a guardare le proprie città con occhi nuovi, come fossimo dei turisti stranieri appena arrivati. Questo sarebbe uno dei più grandi viaggi che potremmo fare. Allora anche piccole cittadine della provincia come quelle che si trovano nella campagna di Pordenone diventerebbero piccoli tesori da cercare con entusiasmo, di cui stupirsi come bambini portati in gita, di cui poter godere quando se ne ha voglia, perché basterebbe qualche minuto di auto e forse anche di bicicletta per poter rendere loro il giusto merito.
Sono i particolari che rendono possibile l’incanto, quelli che mutano con il cambiare delle stagioni o semplicemente grazie ai giochi di sole e nuvole durante il giorno, quelli che si colgono quando decidi di aprire gli occhi e lasciare che entri la luce delle piccole grandi cose che riempiono i nostri territori, senza pensieri, senza giudizi. Questa apertura è tipica degli stranieri che giungono in questo angolo di Italia, terra di confine, spesso dimenticata dai suoi stessi abitanti.
Per un giorno ho deciso di seguire un gruppo di tedeschi arrivati da Dresda, attraverso piccole stradine che corrono lungo fossi e campi, in una zona della provincia di Pordenone che conosco poco ma che è ricca di medioevo e di sapori moderni. Ho seguito i loro occhi e ho cercato di capire come loro vedono casa mia, con l’idea che se loro scorgono un tesoro perché noi dobbiamo restare ciechi?
L’uva che cresce sui sassi, vini e grappe di Pordenone
Arbusti e sassi, pianura che dai profili dei monti che toccano il cielo declina verso l’orizzonte, seguendo il corso di un fiume libero nel suo alveo, frammenti di Asia nell’Europa occidentale proiettata verso est, questi sono i Magredi, le terre magre. Accanto al Tagliamento, uno dei pochi corsi d’acqua del nostro continente che scorre in un letto non modificato da mano umano, ci sono delle tracce di altri mondi, quella della steppa quasi infinita che come un branco di cavali selvaggi corre tra Europa ed Asia. Tra le pietre tonde e levigate portate dai fiumi Meduna e Cellina affondano le radici di piante uniche a rare ma anche la vite che regala un vino aromatico e profumato.
I vini delle Grave, altro nome dei Magredi, sono una chiave perfetta per aprire lo stupore degli ospiti tedeschi che si attardano a degustare calici di bianchi e di rossi attorno al tavolo generoso di Pitars, una cantina di San Martino al Tagliamento. Le forti note del Peduncolo Rosso o di un vino barricato lasciano fuori la foschia di novembre, creando quella piccola magia che rende il prodotto della vite strumento di comunione tra gli uomini.
Quello che rimane dell’uva pigiata sono le bucce che non vanno sprecate ma che diventano essenza, da sorseggiare lentamente. La grappa è una bevanda per decenni relegata ai margini del mondo dei liquori, eppure è il concentrato della vite, raccolta mediante un processo più affine all’arte che alla fabbricazione, un mondo di alambicchi e fuochi che ricorda il laboratorio degli alchimisti.
Le uve si liberano della concretezza delle bucce per diventare, con la distillazione, profumi che salgono nel naso e poi nella mente, spiriti floreali che escono dal bicchiere per andare a colmare gusto, olfatto e piacere.
Gli ospiti si aggirano nel cortile di Pagura, unica distilleria della provincia di Pordenone, assaggiando la fresca acqua dei Magredi che ha bagnato le uve da cui nasce l’essenza che si affrettano a portare a casa, in diverse bottiglie. La grappa non è più una bevanda per correggere sole il caffè ma diventa un’espressione d’arte che valorizza una materia povera come le bucce e la concentra, per estrarne l’essenza, quella di un frutto e in qualche modo anche del territorio in cui cresce.
Nel Medioevo di Pordenone
Dopo aver bevuto dalla terra, dai suoi sassi e dai suoi frutti, c’incamminiamo verso l’arte e la storia, piante con radici lontane che noi abitanti, persi nelle cose di ogni giorno, troppo spesso diamo per scontato e non vediamo più. I nostri tedeschi invece, sono come dei bambini e si lasciano accompagnare per i vicoli di Valvasone, silenziosi e vuoti di auto nella domenica autunnale, tornando indietro nel tempo, verso quel Medioevo che qui non sembra mai trascorso.
Si aprono le porte del castello, considerato monumento nazionale e negli affreschi del ‘400 o in un piccolo teatro del’700 gli ospiti di Dresda si sorprendono delle meraviglie nascoste dietro il muro del quotidiano, che riempiono ogni piccolo borgo del nostro paese.
Una visita veloce oggi, solo per lasciare il sapore di quello che si potrebbe apprezzare restando più tempo e così si lascia uno tra i più bei borghi del Friuli Venezia Giulia per un mercato di Natale, in una vecchia villa non lontano da Morsano al Tagliamento. Borgo dei Conti della Torre, solitario nella campagna di Pordenone, a pochi chilometri dal mare Adriatico, si illumina di bancherelle che anticipano il Natale, mentre il rosa e il viola del tramonto si insinuano tra le vecchie pietre e le siepi del giardino ben curato. Un bicchiere di vin brulè e bisogna andare, verso l’ultima tappa.
Nel silenzio delle stradine che scivolano tra piccoli paesi che non visito più dall’infanzia, ritorniamo a fare un giro nel tempo, per un altro assaggio di Medioevo, a San Vito al Tagliamento. La notte precoce del tardo autunno copre piano piano questo mondo di campagna, oggi in festa, tra bancarelle e concerti, regala ombre spesse dietro alle antiche colonne, invita ad un bicchiere di vino rosso e uno spuntino, prima di entrare in un piccolo teatro di gusto veneziano, una rarità che scopro per la prima volta insieme al gruppo di Dresda.
I tedeschi devono essere stanchi ma non vogliono perdersi nulla, uno sguardo sulla piazza di San Vito in festa, una veloce spiegazione sul restauro del teatro o su qualche prodotto in vendita per strada. Non c’è tempo per la noia e l’abitudine che fa sentire stanchi anche i più giovani, si scattano foto e si ascoltano le storie nascoste dappertutto, in una caccia al tesoro che potrebbe essere infinita.
Dal vecchio campanile scocca l’ora della cena, il gruppo di Dresda si raccoglie per partire, io li ringrazio perché oggi ho potuto viaggiare quasi senza muovermi, lasciando a casa i pregiudizi della provincia, guardando i loro occhi attenti e meravigliati per tutte quelle sfumature che troppo spesso tendo a vedere solo in bianco e nero. Pordenone ha molti calori con cui dipingere un perfetto biglietto da visita per gli ospiti stranieri, ma siamo noi abitanti che dobbiamo usare i giusti pennelli.
Ringrazio anche il Consorzio Pordenone Turismo per avermi fatto trascorrere una giornata da ospite a casa mia e gli operatori di Eberhardt Travel di Dresda per il loro genuino interesse verso il mondo che attraverso ogni giorno, dimenticandomi di quanto possa stupire e di quanto meriti di più.
[…] quello che non conosci. Potrai sempre ripartire domani, perché qui, anche se sembra piccolo, è pieno di luoghi e di storie che vanno dal mare fino alle […]