Mollo tutto e viaggio per il mondo, un grido di libertà, che si espande per la barca della vita, ben oltre l’orizzonte del quotidiano. Oppure l’ennesima gabbia, a cui si accede da una porta in apparenza più ampia?
Giorni fa ho ricevuto l’invito a conoscere la vita di un viaggiatore famoso, di cui non farò il nome perché qui non scrivo per giudicare una persona. Ho seguito i suoi passi attorno al mondo, dall’Italia all’Italia passando per i cinque continenti. Ho sorriso quando lui sorrideva, provavo tristezza quando parlava delle prove che ha dovuto affrontare, ho gioito scorgendo nei suoi video le meraviglie del mondo. Eppure, non riuscivo a togliermi di dosso una sensazione, un’opposizione che mi rendeva quasi sgradita la sua storia, nonostante il suo carico di umanità.
Negli ultimi anni ho conosciuto di persona o solo leggendoli nel web tanti grandi viaggiatori, di quelli che prendono uno zaino e partono per mesi, se non per anni. Per incontrare queste storie a volte mi è bastato fare pochi passi da casa e ascoltare vicende al limite del possibile, grazie alla preziosa organizzazione di Pordenoneviaggia, un’associazione di Pordenone che promuove la cultura e i valori del viaggio. Altre volte li ho incrociati nell’oceano infinito di internet, grazie alla popolarità dei loro racconti.
Mollo tutto, è possibile?
Una parte di me, quella che scarta a priori, quella che spacca i capelli in 400 volte 400, mi porterebbe a dire che prima di quel grido di libertà occorre possedere un minimo di possibilità di scelta. Per viaggiare servono i soldi, come per fare quasi tutto. Negli anni ho elaborato delle strategie e conosciuto delle alternative per affrontare anche un lungo viaggio riducendo molto le spese ma quando sei disoccupato o vivi in un’altalena di progetti e progettini, lo spostamento anche solo per recarti nella vicina città è un sacrificio.
La storia del giovane adulto che ha un buon lavoro, il posto apparentemente fisso, che ad un certo punto urla “mollo tutto e viaggio”, risulta come uno schiaffo agli occhi di chi vive la povertà relativa di questa epoca, quella in cui non muori di fame ma in cui sei tagliato fuori dal consumo di oggetti e servizi comuni (dagli aperitivi, alle vacanze all’estero, dai trattamenti di bellezza, alle nuove tecnologie, per citarne alcuni).
Forse, andrebbe scritta una storia diversa, più affine a questi ultimissimi anni, dove è veramente difficile avere un “buon lavoro”, dov’è più facile che la rivoluzione non sia abbandonare la sicurezza ma conquistarla. Potremmo discutere a lungo se la sicurezza risieda negli oggetti o in un atteggiamento. Personalmente credo che i primi siano riflessi di una disposizione interiore ma nulla toglie che una vita dignitosa sia fatta di libri, di cinema, di concerti, di una casa, di una macchina (il più possibile ecologica), di cibo naturale (notoriamente costoso), di indumenti intessuti di dignità e di viaggi.
Mollo tutto, è necessario?
L’invidia o l’ammirazione incondizionata fa di questi moderni pellegrini, dei piccoli eroi della nostra epoca. Scegliere di fermarsi, di scendere dalla ruota del criceto, ascoltare il grido di sofferenza che emette il tuo corpo e la tua mente, incatenati in una fabbrica o in un ufficio, non è cosa da poco. Il drago da sconfiggere è la nostra abitudine alla sofferenza, gli inganni a cui siamo sottomessi per vari motivi, così come la principessa da liberare, siamo noi stessi. In questa epoca i simboli diventano quelli del capitalismo onnivoro, del lavoro che risucchia tutto, ingordo come una serpe infernale.
Mollo tutto e viaggio è allora un atto di coraggio. Tutte le cose dette prime, le giustificazioni, le scuse che uno si inventa vanno bene per fare chiacchiere al bar ma non trovano appiglio nella realtà dei fatti.
Eppure io ho viaggiato, sono scappato da situazioni che non mi piacevano. Forse posso non tanto dire la mia, ma aprire le mani per far scorrere dentro le tue un po’ della mia esperienza.
Sono andato in Brasile, in Amazzonia e poi, poco dopo, in Australia. Sono stato via dai luoghi di casa per lunghi mesi, in fine sono tornato, più confuso di prima. Non ne ho mai parlato a lungo, magari un giorno lo farò, perché questo è un racconto di viaggio esitenziale che merita.
Da alcuni anni sono “fermo” qui in Friuli. Certo, viaggio per lavoro, ma non affronto più gli Oceani e i continenti lontani. La vita mi chiede di essere qui, di costruirla con dignità, conoscendomi meglio, smussando gli angoli induriti del carattere, apprezzando quello che ho, anche quando sembra poco, allargando gli orizzonti pur restando a casa, davanti ad uno schermo. Il viaggio più grande lo sto facendo qui, anche se è difficile, se a volte il vento del cambiamento si fa tempesta che mi getta a terra, se i sogni si infrangono come bocce di vetro sul ponte di una nave che solca onde impetuose.
Allora tornano in mente le parole di Folco Terzani, ascoltate proprio durante una serata organizzata da Pordenoneviaggia, in cui l’invito non era a viaggiare per il gusto di viaggiare, ma di muoversi per cercare qualcosa, che sia la curiosità di una piccola cosa o un segreto più grande.
Mollo tutto potrebbe essere un desiderio detto tra sé e sé, il bisogno di abbandonare non un lavoro o una città ma quel piccolo io, che tiranneggia la vita, che ne definisce i limiti con alte mura immaginarie, che cerca gabbie dorate e accumula tesori rubandoli altrove.
Mollo tutto allora, ribellione suprema, che buca davvero lo schermo, che fa del viaggio strumento di liberazione, perché non si scappa da se stessi nemmeno percorrendo mille miglia, perché anche il prato dietro casa si trasforma in un giardino esotico, se sappiamo vederlo. Mollo tutto, per me stesso ma forse anche per gli altri, perché la via che traccerò non sarà fatta di tendenze, di mode e di follower, ma sarà un sentiero battuto che indicherà una meraviglia possibile oltre le presunte ricchezze che conosciamo.
Che bello questo post, mi ha emozionata soprattutto il finale! Penso che lasciare tutto spesso sia davvero un voler scappare, e da se stessi non si scappa mai, il dolore ce lo si porta dietro e prima o poi esce è fisiologico, siamo fatti per la felicità, per affrontare ciò che ci impedisce di essere felici (spesso noi stessi)!
Già, il più grande ostacolo, la più grande barriera siamo noi, almeno, una parte di noi. Grazie per essere passata di qui.