Verrebbe sempre da partire, da allontanarsi almeno mille miglia, di scappare dall’altra parte del mondo. A volte non si può, a volte non è necessario, a volte basta seguire le strade che abbiamo davanti e scomparire, senza troppi costi e pericoli, dietro casa. La strada è quella striscia di asfalto di cui ti ho già parlato, la via che scorre ai piedi dei monti, che ho appena tratteggiato. Le mie parole vogliono diventare più precise, chiuse e aperte in un territorio ristretto, nella Pedemontana tra Budoia e Polcenigo.
La strada Pedemontana non è solo una via di comunicazione, appare quasi come una linea di confine tra il regno della pianura e quello più selvaggio dei colli che presto si fanno montagne, sono pochi metri di larghezza e qualche decina di chilometri ma finiscono per essere qualcosa di più, che voglio lasciare raccontare a qualcun’altro:
una strada che possiede un’anima solo sua, incastonata ai piedi del Piancavallo che le respira sopra aliti profumati di tronchi resinosi, tra campi, orti, strade sterrate e piccole osterie da bracconieri
Le strade sono altre poi, quelle più piccole che la intersecano, che vanno verso il “mondo di sotto” o verso “il mondo di sopra”, verso il basso o verso l’alto, umili stradine di campagna dove io vado a camminare quando ho bisogno di ritrovare il mio passo.
Dardago
La Pedemontana tra Budoia e Polcenigo incontra subito Dardago, frazione di Budoia che si arrampica sui colli con case di sassi e stretti vicoli, dove è raro sentire più che il rumore di qualche chiacchiera tra anziani o il soffio del vento che appare con la stagione calda, scendendo di sera dalle prealpi Carniche e, com’è apparso, così scompare, agli inizi dell’autunno.
Per gli abitanti di Pordenone, la Città, il centro di riferimento di questo territorio, Dardago è un sogno di quiete incastonato ai piedi dei monti, un desiderio di fuga dal traffico, dal rumore e dall’orizzonte scarso delimitato dai palazzi. Alcuni di loro finiscono per trasferirsi qui, altri non la conoscono affatto e così continua a conservare un fascino discreto, al riparo dei grandi flussi che preferiscono andare altrove.
Oltre le costruzioni originali di pietra locale e qualche portone che d’estate si apre su giardini e archi ricolmi di fiori, qui c’è il bosco, che appare vasto ed infinito, come il mare. Basta salire e lasciare le ultime case per incrociare alcuni sentieri, il più semplice quello del Ruial, la prima porzione di Pedemontana del Friuli di cui ho parlato.
Lungo un canale artificiale costruito nel ‘600 si percorre un cammino di sassi e alberi, quasi sempre deserto. In questo mondo di acqua, terra e di cielo che si apre sopra i monti si può venire per perdere i riferimenti che si avevano in pianura e quindi per ritrovarsi, in quel movimento intimo che è il turismo dell’animo, il turismo consapevole, ben più duraturo di quello sostenibile di cui tanti parlano senza sapere bene cosa sia.
Polcenigo
Scorrendo verso il Veneto, non solo geografico ma anche culturale, si arriva ai confini del Friuli storico, dove scorre il Livenza, ad un borgo medievale e ricco che è il tesoro artistico della Pedemontana tra Budoia e Polcenigo.
Polcenigo è il piccolo paese italiano che affascina il viaggiatore proveniente da quei mondi lontani dove la storia è troppo recente oppure è scomparsa sotto l’efficienza senza tante emozioni della modernità, un concentrato di pietre antiche e di storie, che sembrano sonnecchiare ma che periodicamente lo risvegliano.
Dietro l’apparenza di una piazza spesso deserta e dei colli inselvatichiti, ci sono tracce che portano alla preistoria, in quel sito palafitticolo che è il Palù di Livenza, Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, conosciuto davvero da pochi degli abitanti dei paesi vicini. Quei colli, un tempo adibiti a pascolo, portano lontano, verso la foresta del Cansiglio, spazio forse più famoso ma ancora ricco di possibilità per il turista più attento, magari di perdersi, quell’attimo necessario a comprendere di essere parte di qualcosa e non solo di essere spettatore del paesaggio.
Altro luogo della natura, e della cultura, è il vicino Parco Rurale di San Floriano, oasi di biodiversità della Pedemontana tra Budoia e Polcenigo, ma anche del Friuli intero. Parco per le famiglie delle città, fattoria didattica con varietà antiche di animali e piante, nonché possibilità di godere dei colli in modo diverso, incontrandosi e giocando come durante il Ciuco Raduno.
Le parole e i passi lungo questi pochi chilometri mi portano nel ritrovo per eccellenza di questo mondo ancora lento, ancora fatto di legna che arde nelle stufe d’inverno, di feste di paese, di sfumature di dialetti, un’osteria. Dopo gli archi del centro di Polcenigo incontro il mio spazio, il mio porto in questa Pedemontana tra Budoia e Polcenigo. Entro in un luogo antico eppure nuovo, sintesi tra quello che si faceva con calma ed attenzione, con sacrificio – non vuol dire solo fatica ma attribuire alle cose un carattere sacro – e quello che si sente nell’aria da un po’, il ritorno alla qualità, alla bellezza di quello che si mangia e si beve, all’etica del lavoro.
Mi fermo qui, in un terrazzino sotto cui scorre una roggia, bevo un sorso di un vino autoctono di altre zone del Friuli. Le parole si confondono con il rumore delle acque che scavano la loro via sotto i monti di calcare che ho davanti, si mescolano al tannino e al profumo dell’uva trasformata dalla tradizione, scorrono da altre parti, sapendo che prima o poi andranno ad unirsi nel mare.
[…] di San Floriano, nella pedemontana del pordenonese, quella distesa di colli e piccoli borghi di cui ho parlato più volte. Questa è un’oasi di tranquillità ma anche di biodiversità a pochi chilometri […]
[…] l’impegno e anche il sacrificio solo perché avviene nei piccoli paesi, magari quelli della Pedemontana del Friuli, invece che nelle grandi città d’arte e […]