L’anno non inizia quasi mai a gennaio ma in quel momento di passaggio tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, quando spiagge e località di montagna si svuotano, quando riaprono le aziende e le scuole, quando l’energia rovente dei mesi più caldi e lunghi inizia a ritirarsi nella terra, come un sole che tramonta dietro la cresta dei monti, liberando un vento fresco che sa di malinconia e di nuovi inizi.
Per me è sempre un momento delicato, che richiede attenzione, uno sguardo a volte severo, rivolto a ciò che è stato e che potrebbe essere. È come se osservassi un campo e ne saggiassi l’estensione e la consistenza, delle piante, dei frutti ma anche dei semi che potranno dare. I ritmi della natura non sono una data nel calendario ma un movimento che ci compenetra, di cui facciamo parte, qualcosa da assecondare, per non esserne travolti.
I luoghi dietro casa si fanno ricchi di quel silenzio e di quella quiete che possono aiutarci a guardarci dentro con più attenzione, e meno severità. I benefici dello stare all’aperto, in mezzo alla natura, sono forse più intensi, perché ora quei luoghi si sono svuotati del chiasso gioioso dell’estate e attendono il riposo dei mesi più bui.
Verso i monti del Friuli
Se il mare è ancora vivo e rumoroso fino a metà settembre, soprattutto i fine settimana che si riempiono degli ultimi desideri di spiaggia e di acqua salata, i monti iniziano a ritirarsi, diventando casa per i camminatori che cercano gli ultimi forti raggi di sole tra prati e boschi, ancora verdi brillanti.
Il mio percorso ideale inizia nella Pedemontana, dal piccolo borgo di Dardago. Lasciate le sue tipiche case di sassi si inizia a salire lungo il Rujal di Dardago, un vecchio percorso dove amo andare in tutte le stagioni, per svuotarmi e ricaricarmi, seguendo il suono del canale scavato nel ‘600 e ripristinato pochi anni fa.
Dopo ferragosto, proprio alla fine dell’estate, la magia naturale di questa semplice camminata si arricchisce di un tenue ma persistente profumo, quello dei ciclamini selvatici, delicata presenza colorata che si può solo annusare qui. Inutile infatti portare via queste piante e piantarle a casa, pratica comunque illegale e poco rispettosa, perché questo profumo si dischiude solo nel mondo selvatico, com’è giusto che sia.
Se le gambe e la volontà sono ben allenate, riposate dalle ferie appena trascorse, dal Rujal si può salire lungo sentieri poco frequentati ma segnalati e arrivare fino al Piancavallo.
Questo altipiano racchiude una località turistica un tempo molto conosciuta che ora attende miglior vita, un turismo più affine allo spirito dei tempi. A te basterà lasciarti alle spalle il cemento degli anni che furono e scegliere i boschi di faggio e di conifere, oppure continuare a salire, verso le forcelle, una tra le tante, quella Palantina, dove guardare la piana del Cansiglio dall’alto e in lontananza, scorgere tra le nuvole il Pelmo e le altre Dolomiti del Cadore.
Le Dolomiti del Friuli
Se delle Dolomiti vuoi invece la parte più selvaggia, dove i sentieri sono meno dolci ma anche molto più silenziosi di quelli del Veneto e del Trentino-Alto-Adige ben più visitati, quelle Friulane dette anche D’oltre Piave sono la tua meta e il tuo viaggio, infinito.
Se mi segui da tempo di queste rocce e valli, abbandonate dall’uomo ma non certo dalla natura, ho scritto e riscritto, senza mai credere di conoscerle. Mi hanno ispirato un libro ma soprattutto cammini e momenti di pace, angoli in cui ritirarmi quando la pressione del mondo e della mia mente si fanno insostenibili.
Tra i tanti sentieri che potrai percorrere ti consiglio quello che da sotto il Rifugio Pordenone va verso la forcella Savalons, ben segnato e accessibile con un minimo di allenamento.
Dopo un breve tratto di bosco inizierà la ghiaia, ricordi di alluvioni e tempeste, non ultima Vaia, nell’autunno del 2018. Seguendo gli “omini”, i sassi posti uno sopra l’altro come delle composizioni meditative, tornerà il bosco, faggi e abeti che si apriranno per lasciare spazio ad una radura, con una vecchia casera.
Tu prosegui oltre, finché apparirà una specie di altipiano, una piana dove poter ammirare il famoso Campanile di Val Montanaia, simbolo del Parco delle Dolomiti Friulane, e forse anche piccole presenze che timide, ma non troppo, usciranno ad osservare l’intruso dalle loro tane.
Qua c’è un vecchio tronco, levigato dalle piogge e dalle nevi, sbiancato dal sole, scolpito dalle mani del vento e del tempo, implacabile d’inverno e ancora mite e leggero a fine estate. Resta lì ad osservalo, mentre attorno non c’è suono di telefono o di chiacchiera, mentre le nuvole si fanno più pigre e il cielo più terso, senza i temporali dell’estate piena.
Di un viaggio, piccolo e grande che sia, sono questi i momenti importanti, attimi di quiete sovrumana, come li chiamava il poeta, benedizioni per questa epoca piena di allarmi, notifiche e paure. Le nostre foreste e montagne, meno famose di quelle che vanno a fuoco, che riempiono i media e le preoccupazioni, sono porte aperte, in attesa di viaggiatori che vogliano sentire di più e pensare di meno. Ogni giorno ha le sue pene, oggi puoi lasciarle andare, in un pomeriggio di fine estate, tra i monti selvaggi.
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