Si viaggia per osservare, per uscire dall’ordinario, per conoscersi e per gustare. Il viaggio è un movimento del corpo e dei sensi. In un paese come il nostro, che coltiva la sua diversità culturale e agricola da millenni, ogni punto del territorio diventa scoperta e piacere, possibilità di incontrare qualcosa di nuovo, a patto di aprire gli occhi e di mettersi in ascolto. Nei luoghi dietro casa, c’è un piccolo frutto che cresce solo qui, tra pianura e monti, nel confine tra le strade di ogni giorno e l’orizzonte che sale verso il cielo, il figo moro da Caneva.
Figo moro da Caneva, storia e tradizione
Eccola, la striscia di asfalto che sale e scende, piccole deviazioni che vanno verso sinistra, verso la pianura, curve e sentieri che si arrampicano su colline quasi selvagge. La Pedemontana del Friuli occidentale è un confine, geografico, storico e culturale. Da una parte il mondo piano e orizzontale, dall’altro i monti, Prealpi che salendo diventeranno, non troppo lontano, anche Dolomiti. Da una parte una lingua latina che resiste all’omologazione del mondo, il friulano, dall’altra il dialetto di Venezia, signora per secoli di queste terre.
Si potrebbe continuare nelle delimitazioni, nei confini, nelle ricerche di individualità sorprendenti per questi tempi, dove tutto cerca di apparire uguale ovunque. Colline e monti, pur creando barriere, non hanno confini segnati e così diventano casa per le genti e per le piante, che spesso, come le persone, viaggiano e arrivano da lontano.
Come il fico, originario dell’Asia e arrivato qui in Friuli chissà quando. Giunto nella zona di Caneva, ultimo baluardo del Patriarcato di Aquileia, stato sovrano legato ad una chiesa antica e dalla storia suggestiva, mise radici in colline speciali e divenne varietà locale, che non cresce cioè da nessun’altra parte. I colli di questo estremo lembo di Friuli sono infatti ricchi di carbonato di calcio.
I minerali si sono caricati del favore del sole che qui fa crescere da secoli ulivi, dell’abbraccio di acque che più in basso favorirono antichissimi insediamenti umani, il Palù di Livenza. Si sono arricchiti del lavoro dell’uomo, che in pendenza accudiva e proteggeva questa biodiversità, che caricata su barche scendeva la Livenza (“la”, perché un tempo, forse più saggio, alle acque si riconosceva il principio femminile) e arrivava a Venezia, per viaggiare lontano sulle galee della Serenissima, anche in Asia, laddove il figo moro era partito.
Figo moro, innovazione e celebrazione
Ed ora, di quelle barche e di quelle cure, faticose e naturali, cosa rimane? Una villa che a fine estate si riempie di persone, dell’allegra convivialità dei pomeriggi ancora lunghi, una festa che non è la solita sagra, qualcosa di slegato dalla terra che la sostiene, ma la celebrazione di una riscoperta, di un’innovazione, che si mangia, in tanti modi diversi.
Le colline che stavano per essere abbandonate per la comodità moderna della pianura sono tornate a diventare risorsa, grazie a questo frutto antico. Le persone si sono messe assieme, facendo nascere un consorzio, recuperando alberi antichi di secoli e piantandone di nuovi, legando i sapori ai sapori, creando collaborazioni con latterie, gelaterie e ristoranti.
Il passato che stava per scomparire è diventato un futuro possibile, che va nella direzione delle persone, sempre più consapevoli, attente al cibo che vive nella terra, senza bisogno di altra chimica se non quella del suolo. Il figo moro è infatti una coltivazione che va oltre il biologico, perché non necessita di alcun trattamento, nemmeno di quelli consentiti dall’agricoltura biologica.
Una scelta economica e di vita per un territorio lontano dai flussi del grande turismo merita giustamente una festa. Ed eccola, ogni anno a Villa Frova, “In campagna col FigoMoro”, un momento per chiamare gli abitanti del territorio che spesso non lo conoscono mai abbastanza, ma anche i turisti di altre regioni, per farli degustare il figo e la sua casa, la Pedemontana.
Per tu che ami i sentieri meno battuti, gli angoli infiniti di questo paese che ha una sua ricchezza reale più grande di molte innovazioni tecnologiche, la festa del figo moro è un’occasione per un viaggio diverso, per ascoltare vecchie storie, come quelle dei mastri gelatai di Zoldo, dei contadini che hanno piante secolari di fico, o quelle più antiche, che si perdono nella notte dei tempi, nelle acque del Livenza e nel Palù.
Siamo quello che mangiamo, che gustiamo, che tocchiamo e che respiriamo. Un viaggio moderno non è solo un’esperienza della mente, che vuole dati e informazioni, è un’esperienza del corpo, dei sensi, per toccare lo spirito dei luoghi, il genius loci, che ha tante forme e che ha molte lingue, una tra queste le piante, antiche portavoce del territorio.
Ti aspetto il prossimo anno, in campagna col figomoro, e tutte le stagioni, nella Pedemontana del Friuli!
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