Sento parlare spesso di turismo lento o di ecoturismo e per me che abito a pochi passi da valli dove i veri abitanti sono ancora gli elementi naturali, il pensiero va ai monti, ai fiumi, al silenzio e alla pace che forse sono il vero motivo che ci spinge a cercare forme di turismo diverse.
La nostra vita è un rincorrersi di lancette, di appuntamenti e obblighi, il giorno scivola spesso nella notte e invece di staccare ci portiamo doveri e pensieri anche a letto. La stabilità esteriore, quella fatta di lavori sicuri, di redditi adeguati, di programmi facili da rispettare, non sembra una dote di quest’epoca. Serve allora trovare una stabilità interiore, che ci permetta di surfare senza paura e anzi con gioia le onde del cambiamento in atto. Cosa c’è di meglio che rivolgersi alle montagne, presenze maestose che sono il simbolo stesso della stabilità, oppure agli alberi che con le radici ben piantate a terra ci insegnano a stare fermi con le braccia rivolte al sole?
Un altro elemento della natura dove cercare sostegno e soddisfare questa voglia istintiva di tranquillità l’ho scoperto da poco, l’asino. Per questo ho colto con piacere l’invito di un’associazione della mia città, la Compagnia degli Asinelli, a partecipare come blogger ad un evento nuovo e allo stesso tempo antico, un raduno di asini e asinari chiamato Ciucoraduno 2.0, perché la gioia di stare all’aria aperta in compagnia di questi animali volevamo condividerla grazie ai social media.
Il 13-14 giugno ho passato due giornate un po’ diverse dai soliti eventi a cui partecipo come blogger. Innanzitutto non ho alloggiato in un hotel ma in tenda, in un campeggio che si trova affianco ad un fiume, dove mi aggiravo tranquillamente in sandali con la leggerezza del bambino che non deve per forza rispettare etichette, chiuso in quell’aria a volte troppo formale delle strutture ricettive tradizionali. Qui poi c’era la leggerezza dei momenti conviviali, dove si passeggiava tra le bancarelle di artigiani e produttori enogastronomici del territorio, curiosando o salutando un conoscente, si ascoltava della musica provenire da un impianto allestito sotto la tettoia di una casetta di legno, si sorseggiava una birra tra il ragliare di asini e il rincorrersi gioioso di bambini. Semplicità, ecco la parola chiave del Ciucoraduno, un evento realizzato da famiglie per famiglie, pensato per promuovere la socializzazione in un ambiente naturale capace di accogliere e far innamorare lo sguardo.
L’importante di questo fine settimana non era correre per consumare in fretta dei luoghi, per rubare immagini da condividere in un tweet ma cercare di imparare la lezione che ci offriva il fiume Meduna: scorrere, lasciare andare le cose e accogliere quello che veniva, comprese le nuvole, presenze costanti in quelle giornate.
La pioggia era una promessa che aleggiava sopra di noi attraverso nuvoloni che si muovevano in cerchio sopra le prealpi, attraverso l’umidità afosa dell’aria che si faceva sentire anche qui dove normalmente arrivi per scappare il caldo della pianura, in cerca del venticello fresco che soffia nella valle. Nonostante il clima io e altre e persone non ci siamo scoraggiati, siamo partiti dal campeggio per incontrare degli asini che ci hanno accompagnato in un trekking poco impegnativo. Non un percorso da un punto A ad un punto B ma una passeggiata tra torrenti e pini, in un paesaggio che non so perché mi faceva pensare a certe stampe giapponesi, verso il borgo abbandonato di Tamar.
Il trekking con un asino, non è altro che affidarsi ad un animale che calpesta questa terra da più tempo di noi, che non ha pretese se non una carezza o un ciuffo di erba fresca. Il passo allora si fa lento, essenziale, per guardarsi attorno e avere il tempo, che troppo spesso fugge, di usare i propri sensi, per sentire, vedere, annusare, lasciando che i pensieri e i problemi, spesso immaginari, se ne stiano da qualche parte, a valle.
La fatica, il sudore si mescolavano agli alberi lungo il sentiero, alla gioia di arrivare in questo borgo abbandonato ma curato come se i suoi abitanti fossero ancora lì, nascosti dietro un rudere o un grande albero, pronti a venire fuori.
Il tempo di curiosare un po’, di lasciare gli asini approfittare dell’erba dei prati e siamo tornati a valle, verso il campeggio dove ci aspettavano piatti di polenta di mais locale macinato da un mulino di un piccolo borgo della zona, formaggi di pecore che pascolano qua attorno e giochi di legno, quelli di una volta, con cui adulti e bambini per un po’ si sono trovati sullo stesso piano, quello del gioco e dell’allegria.
Le nuvole continuavano a vagabondare in cielo e il giorno dopo hanno scaricato pioggia e silenzio. Non è rimasto altro da fare che sedersi al bar del campeggio e osservare le linee d’acqua che scendevano interminabili. Il tempo piovoso ha impedito a molti di raggiungerci ma nell’aria si respirava la soddisfazione per un lungo lavoro di organizzazione.
Mi auguro che il Ciucoraduno si ripeta anche nei prossimi anni. Queste valli hanno bisogno di essere riscoperte, i bambini e gli adulti quello di giocare. Può e deve esserci un turismo diverso che non rispecchia i meccanismi nevrotici che ci portiamo addosso, un modo di viaggiare lento, capace di dare voce alla nostra parte bambina, quell’anima istintiva ed emotiva semplice, che gli asini ci insegnano a coltivare.
[…] le sue parole e date un’occhiata al suo blog di eco viaggi…e preparate le […]
[…] La prima edizione del Ciucoraduno è stata in Val Tramontina, in un campeggio che ancora molti abitanti della vicina pianura ignorano totalmente, pur essendo uno dei pochi campeggi delle alpi e delle Prealpi del nordest in cui sei accanto ad un fiume, in mezzo alla natura selvaggia. […]