La fotografia può essere una porta d’accesso alla natura intima di ciò che si va a fotografare. Fotografia in greco significa scrivere con la luce. Mi è sempre piaciuta questa definizione perché è come se volesse dire che si possono tratteggiare nuovi mondi, realtà che si possono illuminare e creare grazie alla luce. Di una teoria così poetica ma quasi astratta te ne accorgi quando sei davanti a chi fotografa davvero, a chi non si limita a delle belle foto sui social media, a chi si apposta giorni, a chi si sofferma su un soggetto per ore, a chi lo cerca viaggiando per lo spazio, e per il tempo. Il BioPhotoFestival, a due passi da casa, mi ha dato l’occasione per incontrare la fotografia naturalistica, nulla di tecnico, più che altro un amore per la natura che esiste, in innumerevoli forme, colori e possibilità.

BioPhotoFestival, non solo per addetti ai lavori

Quando hai qualcosa vicino a casa, tendi a trascurarlo. Deve essere come se perdesse valore, come se i luoghi della provincia togliessero fascino alle cose, un tocco magico al contrario. Che peccato, trascurare la bellezza, l’impegno e anche il sacrificio solo perché avviene nei piccoli paesi, magari quelli della Pedemontana del Friuli, invece che nelle grandi città d’arte e spettacolo!

BioPhotoFestival, Vittorio Ricci

Quest’anno ho deciso di trascurare invece la pigrizia e di incontrare questa manifestazione internazionale dedicata alla fotografia naturalistica, che si svolge a Budoia, a pochi chilometri da Pordenone, dal 2014. Per qualche giorno le vie del borgo si riempiono di voci straniere, di curiosi e di professionisti che mi sembra così poco dire “fotografano”. Questo l’ho capito sedendomi e lasciandomi stupire dalle proiezioni di fotografie e di video.

Io così poco incline a stare seduto agli eventi, ad ascoltare persone che parlano, magari dopo una settimana impegnativa, mi sono sorpreso davanti al tendone del BioPhotoFestival che si illuminava di storie di parti del mondo lontane, eppure tutte accomunate da spazi di silenzio, di purezza e potenza delle forze naturali.

In due giorni sono stato nelle Canarie vulcaniche, tra i prati della Francia al mattino, negli anfratti della vita dove si nascondono piccoli predatori, nell’ultima steppa d’Asia che si trova a pochi chilometri da casa, nei Magredi. Ho anche scoperto storie non solo di abili fotografi ma di naturalisti e scienziati, di natura selvaggia da proteggere, sconosciuta ai più, come quella dei rapaci siciliani a rischio di estinzione.

BioPhotoFestival, storie di natura

La fotografia naturalistica può diventare occasione di scoperta, di stupore e di incontro. Non è solo tecnica ma una dichiarazione di amore per quella natura che il fotografo impara a conoscere intimamente.

Sabato credevo solo di passare velocemente per un saluto a Mattia Dori, un fotografo del Trentino tra i finalisti del concorso internazionale legato al festival e scelto poi come secondo. Mi sono invece fermato fino a sera, attratto e colpito dalle storie e dalle immagini che mi portavano oltre il Friuli ma che in fondo stimolavano la voglia di guardare con occhio diverso alle sue bellezze per me ancora nascoste.

BioPhotoFestival, Bruno D'Amicis, Forest beat, faggete

Sono rimasto affascinato dai racconti di Bruno D’Amicis sulle faggete più vetuste d’Europa, delle sue esplorazioni di tre anni nell’Italia Centrale in cerca di alberi che raggiungono più di 500 anni di vita, quando si pensa che al massimo possano viverne fino a 300. Ho seguito i voli di uccelli e di rapaci sopra queste foreste a cui si accede solo con permessi speciali, tratti di natura selvaggia nel continente più trasformato dall’essere umano. Ho visto i passaggi di lupi, cinghiali, cervi e anche orsi in parte ai tronchi di questi alberi, i faggi che segnano anche i miei percorsi tra le Dolomiti Friulane. Ho fatto un piccolo viaggio, grazie alle parole attente di un fotografo amatoriale ed un appassionato naturalista. Il “battito della foresta” è il suo progetto che ti consiglio di conoscere.

BioPhotoFestival, Bruno D'Amicis, Forest beat, faggete, Faggete vetuste

Sono rimasto ancora al BioPhotoFestival, seduto in cerca di altre ispirazioni, questa volta più a nord, tra monti e valli che mi attirano sempre, in Sud Tirolo. Qui le storie e le immagini si sono fatte silenziose, tenui, diafane, quasi fili di rugiada sospesi nei prati d’estate. La fotografia di Hugo Wassermann è stata un’altra scoperta, arte e natura, che non riguarda solo chi s’intende di fotografia, chi conosce le aperture dei diaframmi, la sensibilità dei sensori e altri aspetti tecnici che io ignoro ogni volta che cercano di spiegarmeli. La bellezza è tale perché dal cuore delle cose arriva al cuore delle persone, senza bisogno di logiche razionali a riempire la mente di parole e concetti.

BioPhotoFestival, Hugo Wassermann

Mantide religiosa, di Hugo Wassermann

Storie e fotografie sono state altre, molte nel corso dei quattro giorni di festival, anche interventi di tecnici, ma soprattutto occasioni di conoscere altri mondi, altre passioni e di rimanere stupiti di quello che può fare l’essere umano, quando si impegna per la bellezza, per proteggere e per condividere. Per me è questo il messaggio del BioPhotoFestival, un orizzonte aperto che si può aprire sempre di più, che mi auguro possa essere conosciuto da sempre più persone, da chi abita vicino, da chi ama la natura, da chi sente che la bellezza non è fine a se stessa ma può essere stimolo per rendere le vite un po’ più belle ed in definitiva migliori.

Immagine di copertina: seconda classificata al BioPhotoFestival, gentilmente concessa da Mattia Dori

L’EDIZIONE DEL 2019, DAL 27 AL 29 SETTEMBRE