L’anno si spegne, di nuovo. Il sole accorcia la sua corsa nel cielo, si fa più basso e schivo. I giorni si ritraggono, le notti si fanno più coraggiose. I rifugi chiudono, i sentieri si svuotano, i vecchi paesi accostano gli scuri e lanciano fumi bianchi nel cielo, si arrendono alla stagione fredda. Eppure l’autunno è la stagione dell’oro che spunta tra i boschi, è il tempo del blu, del cielo senza più temporali rovinosi e improvvisi. Bisogna pur uscire da questi schermi, dalle città, dalle quattro stanze in cui siamo richiusi. Dove andare in montagna in autunno? Io guardo alle mie spalle e scorgo una linea che sale, un mondo restio e nascosto, anche in estate. L’autunno tra le Dolomiti del Friuli è una scelta, di abbandonare mete più famose e più attrezzate, di inoltrarsi laddove non c’è niente, o forse tutto.
Autunno tra le Dolomiti del Friuli, in Val Cimoliana
Inizio da qui, da questa porta di accesso al Parco Naturale Dolomiti Friulane e al mio vagabondare, quando ho bisogno di quiete e di intuizioni. La Val Cimoliana è un luogo a me caro, perché ha ispirato il mio primo libro, ma anche perché sa infondere pace quando tutto pare in guerra.
Qui i sentieri si inerpicano come le rocce, che dal fondovalle salgono improvvise. Non sono camminate per tutti ma per vivere l’autunno tra le Dolomiti ti basta incamminarti dentro la strada, ancora ferita dalla tempesta Vaia del 2018.
Senza fretta e senza meta scorri come il torrente al tuo lato, a ritroso addentrati, per fermarti dove le gocce d’acqua ti cadono in testa sotto una parete a picco, dove il rosso delle foglie è un dettaglio improvviso, di luce, nel paesaggio senza esseri umani.
Il torrente scompare nella ghiaia bianca, perfetto contrasto per i boschi che si tingono dell’ultima festa dell’anno, la più fulgida e sgargiante, perché tra poco arriveranno i venti del nord, i ghiacci, prima del mattino e della sera, poi quelli che coprono tutto e pare che non viva più nulla.
Ha senso pensare a quello che sarà? Goditi il presente, l’esatto momento in cui le nuvole danzano tra le cime senza neve, nel cielo così blu, che si riesce a scorgere solo in questa stagione dell’anno. Senti il tepore del sole, dopo il freddo che dimora all’ombra dei faggi colorati, respira libero, perché qui c’è una ricchezza più vasta di quella che pensiamo di possedere in pianura, nelle corse di ogni giorno.
Autunno tra le Dolomiti: sopra Erto, in una cava di fossili
Una strada in salita quella che da Erto porta in Val Zemola, accesso non facile che può spaventare quasi a chiederti se qui ci vuoi venire davvero. Nulla di impossibile, anzi, soprattutto quando scorgi il sentiero, dolce che sale lentamente.
Qui puoi venire in compagnia, senza pensieri sul pranzo, approfittando degli ultimi rifugi che chiudono a fine ottobre o anche un po’ più in là. In compagnia, ma anche in silenzio, distaccato dal gruppo, per captare le variazioni di colore, il vento tiepido che agita gli aghi dorati dei larici, il sole che ti fa credere di essere ancora in estate. A volte infatti, capitano quei giorni così nitidi e caldi, che paiono un regalo, per riempirti di colorata meraviglia, prima dell’inverno.
In queste Dolomiti aspre e schive domina il Monte Duranno che puoi vedere anche dalla Val Cimoliana, andando ad una vecchia casera, altro spazio d’ispirazione nei miei cammini. È una punta conficcata nel cielo blu, mentre ai suoi piedi si stende un tappeto di gialli, rossi, viola e verdi, gli unici che resteranno dopo questa abbuffata di colori.
L’unico consiglio che ti posso dare è fermarti, spesso. Getta un occhio al faggio che ti sta a lato, alla valle che si apre e si chiude, alle rocce che ti raccontano la loro storia, antica, che viene dal mare.
Un passo dietro l’altro, cercando la bellezza senza dare ascolto alla mente che si lamenta per un po’ di fatica, arriverai ad un tunnel, un passaggio tra un prima e un dopo. Goditi il suo buio e allo stesso tempo la luce in fondo, abbagliante. Poi emergi e ammira.
Ancora qualche sforzo e arriverai al Rifugio Cava Buscada, ristoro da poco rinnovato, dove premiarti della salita, con i piatti saporiti della montagna friulano-veneta: il celebre frico, il pastìn, la polenta con i funghi e un bicchiere di vino rosso. Mentre mangi in terrazza, getta sempre un occhio oltre il piatto, al sole che continua ad illuminare il mondo, anche se qui sembra di esserne lontani.
Se hai ancora appetito, lascia uno spazio per un pezzo di torta quando sarai tornato, ma soprattutto per affrontare l’ultima salita, verso la cava che da il nome al rifugio. Fino a pochi anni fa qui si estraeva il prezioso marmo rosso ammonitico, chiamato così perché è piuttosto comune scorgervi spirali, di antichi esseri marini diventati fossili, gli ammoniti.
Quella domenica di ottobre ho avuto la fortuna di conoscere questo luogo grazie ad una guida, un archeologo dello studio Eupolis, che da tempo ha fatto della cava un laboratorio a cielo aperto, per conoscere la vita della montagna, quella dell’uomo che si era ingegnato a scavare, tagliare e trasportare, ma anche quella della natura, che da mare si è fatta roccia, in milioni di anni.
Il sole è ancora forte e luminoso ma già i suoi raggi si fanno obliqui, sempre più affilati a colpire le cime e a lasciare in ombra i boschi. Bisogna scendere, per il pezzo d torta ma anche per il freddo che in autunno arriva improvviso, dopo tanto caldo.
L’ultima tappa è Casera Mela, dove indossare il pile, bere una tisana calda e riempire gli occhi del passaggio dal giorno alla notte. Una leggera foschia sale dal fondo della valle, verso il paese di Erto, sale e si mescola ai fumi dei camini, sale ma non abbastanza da sporcare il cielo ancora più blu. Il sole intanto accarezza le ultime rocce, come se volesse salutare una domenica di luce e calore, un sospiro delicato e gioioso, da portarsi a casa, per riscaldare l’inverno che sarà.
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