C’è il mondo che organizzi, quello che ti aspetti e che programmi, poi, oltre la sicurezza del porto esiste un’orizzonte sconfinato in cui può accadere di tutto.
Ars Electronica è il festival che spunta dal cilindro della vita senza possibilità di pensarlo prima.
Era giugno quando ho incontrato Giuseppe in un parco di Pordenone, rapito da progetti e discorsi su smart city e smart land, permacultura e turismo ecologico, mi ero scordato delle sue parole su di un festival a tratti quasi incredibile, oltre il confine, in Austria.
Se qualcosa però è necessario, si rifà vivo, nonostante le tante dimenticanze della vita di ogni giorno e così a fine agosto, ho ritrovato Giuseppe e senza pensarci troppo abbiamo deciso di valicare le Alpi per un piccolo viaggio, per nutrirci di buone idee.
Siamo partiti una domenica mattina, un gruppo di persone che si conosceva poco ma con l’allegria e la disponibilità a parlarsi tipici di una gita. In breve ci siamo trovati in Carnia, la regione montuosa del Friuli e poi oltre il confine austriaco, in un clima che lentamente si trasforma in una coltre di grigi e venti che sembrano già autunno.
Linz ci accoglie nel tardo pomeriggio, una signora poco appariscente e discreta, con le sue vie del centro che dormono, silenziosa come il Danubio che la visita e poi se ne va lontano, verso l’est che qui è vicinissimo.
Ho un app del festival scaricata sul telefono ma sento che posso farne a meno, l’inaspettato di un evento che fino a tre mesi prima nemmeno conoscevo, l’essere lì in quel momento, in una città sconosciuta, mi prendono per mano e mi suggeriscono di lasciarmi andare agli imprevisti. Mi sono trovato così a vagare per le vie dormienti della città, osservando vecchie insegne di inizio ‘900 e poi di colpo, poco lontana dal centro di una piazza, ecco spuntare una sfera magica, di plastica, con dentro una serra idroponica. Era il segnale di un avvicinamento al festival, un assaggio di elettronica ed ecologia che un po’ mi aspettavo. Con il programma cartaceo in mano io ed i miei compagni ci siamo diretti con passo un po’ più sicuro verso un edificio di acciaio e vetrate, che aveva tutta l’aria di un museo, non di quelli noiosi ma di quelli che possono nascondere un po’ di tutto, senza troppo esibizionismo.
E’ ancora un po’ presto per parlare dell’OK Center for Contemporary Art, un piccolo quartiere dell’arte in pieno centro città, perché era ormai sera e anche se scorgevo una torre di legno e sentivo il suono di uccelli tropicali, è ora di cenare e di decidere cosa fare.
Una cena leggera ed una birra nel caldo di un bar-ristorante che sa di gioventù e università, il giusto tempo per riflettere e poi d’istinto afferrare il consiglio di una coppia di conoscenti di Giuseppe, seguire i binari di un tram silenzioso e arrivare a PostCity.
Un vecchio edificio delle poste, scuro nella tarda sera, un chiosco di birra all’esterno e suoni poco convenzionali, frammisti a luci laser ed echi di proiezioni, che escono su uno spiazzo dove si raccolgono pian piano molte persone, di colpo mi sento veramente in una città europea. PostCity è uno dei luoghi principali dell’Ars Electronica Festival, spazio di eventi e laboratorio per la città del futuro. Perché qui a Linz, oltre a farsi rapire dall’inaspettato, è in corso un incontro internazionale di artisti, designer e visionari che stanno cercando soluzioni per l’ambiente urbano del futuro. Oltre la metà della popolazione vive ormai in grandi città, centri nevralgici di un mondo che però non è più in grado di accoglierle. Se il capitalismo scricchiola, nuove sensibilità stanno crescendo negli interstizi di un sistema finora poco sensibile. Un festival come quello di Linz diventa allora un’occasione per far incontrare teste e cuori pulsanti, per aprire le gabbie e liberare nuove energie, grazie anche alle tecnologie informatiche.
Una pianista giapponese che riverbera melodie mentre i vecchi spazi di smistamento di pacchi e lettere si colorano di luci, poi suoni distorti che assalgono la mia mente stupita dai bagliori nell’oscurità. La sera scivola su note inconsuete, su frammenti luminosi, si fa notte ed è già ora di andare a dormire, perché ci attende ancora molto l’indomani.
Il mattino è lento, un po’ pigro, ci prendiamo il tempo per passeggiare nel centro di Linz, per una colazione necessaria a fare il punto. Decidiamo di tornare all’Ok Center, di entrare per salire fino al cielo.
Qui dentro c’è molto di più di quello che io riesca a spiegare, molte installazioni che sono invenzioni, frutto di studi e applicazioni, non semplici oggetti di consumo artistico, come in una visita frettolosa alla Biennale di Venezia. Il consiglio è quello di seguire le visite guidate, per capire cosa si nasconde dietro grafici, numeri e oggetti che stupiscono ma che hanno una lunga storia dietro la semplice emozione.
Attraverso corridoi e stanze, getto un’occhiata sui palazzi di Linz e, come rapito dall’atmosfera di creatività, esco all’esterno, sui tetti, per seguire passerelle di legno che portano ad una torre. Sento il canto di pappagalli in gabbia, vedo bambini giocare , mi lascio soffiare in viso da un vento freddo che sa di pioggia, mentre la città, là sotto, scorre lenta come il Danubio.
Passeggiare sui tetti, guardare il mondo dall’alto, attorno famiglie e bambini, Ars Eletronica non è solo una cosa seria per smanettoni, si trasforma in un gioco, che contamina la città con le sue idee ma ancora di più con il potere dell’immaginazione. Perché in fondo il futuro non esiste, possiamo solo cercare di raccontarlo in un modo o nell’altro, con intento egoistico e predatorio o con voglia di condividere e rispettare.
La visione delle vita in cima ad un tetto ricorda un po’ quella che si ha sulle montagne, permette di spostare il proprio orizzonte oltre il quotidiano, aumenta la capacità dello sguardo di andare oltre il conosciuto, per iniziare a sognare, e allo stesso tempo ti fa percepire di non essere da solo ma in compagnia degli elementi.
Lasciamo queste sensazioni e torniamo con i piedi per terra, in direzione dell’Ars Electronica Center, a pochi passi dal Danubio. Da questo museo-laboratorio è nato il festival nel 1979, dall’incontro tra la musica e la nascente tecnologia informatica. In più di 30 anni sono evoluti i linguaggi e le possibilità tecniche ma rimane l’idea che l’arte sia un mezzo per esplorare e trovare soluzioni, non solo un fine concettuale di cui troppo spesso si perde il senso.
Qui dentro si percorrono sale dove i bambini possono giocare con robot assemblabili o disegnare su schermi touch, senza parlare della stampa in 3D; si può stare seduti per terra in una sala, mentre una guida ti mostra nei più minimi dettagli la foto di un paesaggio alpino, realizzata con una modalità chiamata deep space, dal peso di oltre 500 giga.
Non solo stupore ma anche genialità funzionale, come la foglia di seta elaborata da un ingegnere e designer italo-britannico, capace di realizzare la fotosintesi, applicabile quindi sulle parete di palazzi o fabbriche in contesti urbani molto inquinati per produrre ossigeno, esattamente come le piante.
Dalla terra al cielo, saliamo di nuovo, ed eccoci sul caffè del tetto di questo piccolo ed intenso museo, per un tè sul Danubio, per rinfrescarci prima di tornare in Italia.
Difficile fare un riepilogo, forse posso dare un consiglio, quello di venire a Linz per almeno due giornate piene, magari il fine settimana, perché qui c’è molto da vedere e capire. Ars Electronica non è solo arte ma visioni di un futuro che come un seme è racchiuso qui nel presente.
Ricordo una bella frase: “l’artista non è una persona speciale, ogni persona è un tipo speciale d’artista“. L’arte non può essere racchiusa in musei e mostre fine a se stesse, fa parte dell’espressione creativa di ogni essere umano e ora più che mai abbiamo bisogno di liberare le gabbie, perché si tratta di costruire nuovi modi di vivere e convivere, oltre le città.
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[…] i messaggi provocanti dal forte contenuto sociale ed ambientale. Ancora una volta l’Austria, come a Linz, per me si rivela terra che sostiene la […]