Andare per monti selvaggi è una via alla liberazione
Milarepa, monaco buddista
Un viaggio ma soprattutto un inizio, per me, per fissare parole e pensieri, memorie e sensazioni. Partirò intanto dalle Dolomiti Friulane.
Perché partire per pochi chilometri, invece di andare lontano, salire nel cielo e superare le montagne che vedo ogni giorno davanti ai miei occhi? Perché non lasciare la pianura e cercare mari, isole, templi, sapori d’oriente o vasti spazi d’occidente?
Per i soldi potresti dire, perché dietro casa si spende poco. Infatti, un viaggio di questo tipo non è cosa da raccontare in giro per vantarsi. Perché mai? Perché bisogna mostrare, bisogna suscitare invidie? O viaggiare, forse, serve ad alleggerirsi di tutti questi pesi e trovare qualcosa di più sincero? Domande, perché di risposte siamo pieni tutti. Allora incamminati con me tra le Dolomiti Friulane e lascia che siano i passi a suggerire qualche parola più saggia.
Così inizio un tentativo, un racconto, un libro, sinceramente non lo so e per ora non importa. So solo che quest’estate stavo camminando per le Dolomiti Friulane e mentre ammiravo o faticavo, un’intuizione ha fatto capolino, come uno stambecco che appare veloce, preceduto dal suono di sassi che rotolano, un movimento fulmineo di pensieri e sensazioni. Perché non scrivere qualcosa di più di un articolo su questo blog?
Sinceramente siamo un po’ tutti stufi di vedere la nostra attenzione assorbita da stimoli digitali: chat, mail, post, lucine, vibrazioni e cuoricini. Delle pagine, anche se digitali, possono farsi lettura, nei momenti dell’ozio, nei modi e nei tempi che ognuno di noi sceglie per dedicarsi ad un piacere, per concentrarsi e lasciarsi ispirare, senza distrazione.
Scrivo per scrivere, per dare un significato al tempo, che altrimenti si mangia tutto, i ricordi, le passioni, i sogni di essere e fare meglio. Non ho la pretesa di scrivere una guida di viaggio, perché non sono una guida alpina, non sono un camminatore esperto, di quelli che attraversano i 5 continenti con gli occhi bendati e a testa in giù (perché non si sa più cosa inventarsi per stupire e stupirsi). Sono un piccolo narratore che si diverte a mettere assieme delle parole e farle volare come note che si appoggiano sulle cose e magari fanno recuperare un senso di meraviglia, per quello che c’è, che è tanto.
Racconterò, perché quello so fare, di rocce, di sentieri, di nuvole e di larici, di incontri e di quello che non si dice perché va vissuto, passo dopo passo.
I primi passi, tra le Dolomiti Friulane
Tutto, come spesso capita, è successo per caso. Le mete delle vacanze erano altre, montagne più famose e frequentate oltre i confini del Friuli Venezia Giulia, un terra che si scorge su una mappa, si attraversa verso Est, qualcuno forse conosce per averci fatto la naja, il servizio militare obbligatorio negli in cui qui esistevano decine e decine di caserme, dispiegate contro il grande nemico dell’Occidente, la Russia comunista.
La regione dove sono nato è terra incognita per la gran parte della gente che conosco. È un punto di partenza del mio viaggio, l’ignoto da svelare, il silenzio stampa da sostituire con un altro silenzio, ben più significativo, quello dei luoghi naturali, i passi da percorrere per cominciare a riconoscere.
Guardandoci attorno, io e la mia compagna, abbiamo scelto di fare qualcosa di diverso, niente appartamenti trovati sulle piattaforme internet, niente b&b, senza auto e treni, solo cammino e quegli avamposti dell’umanità nelle montagne, prima delle rocce dolomitiche, i rifugi.
Non è un viaggio eroico quello sulle Dolomiti Friulane, abbiamo incontrato anziani e famiglie, persone con poca preparazione ma un po’ di esperienza e di allenamento sono a mio avviso necessari, per godere del proprio viaggio senza il fastidio della fatica o di parti del corpo che si ribellano, ginocchia, caviglie o piedi con vesciche.
Per iniziare, siamo partiti dai monti ancora più vicini, cercando di camminare ogni giorno, qualcuno più, qualcuno meno. Bisogna infatti riuscire ad affrontare le salite e soprattutto le discese, perché andare in alto è vero si fa fatica, ma scendere vuol dire stare attenti, dosare le forze per non caricare troppo le ginocchia, per evitare sassi o avvallamenti che possono far cadere.
La fatica peggiore non è quella fisica però, non sono i dislivelli o le migliaia di passi che con orgoglio guardi sullo schermo di un telefono, sono le resistenze della mente, la pigrizia, il passo oltre quella situazione di calma in cui tende a scivolare una parte di noi, perché restare su un divano sembra preferibile ad un sentiero in salita, o in discesa.
Prepararsi un po’ – non serve allenarsi giorni interi, non stai per partire per un cammino di 300 chilometri – serve a farti capire che puoi, che non ci sono difficoltà oggettive, ma come sempre, soggettive, che dipendono dall’umore e da quel lato di noi che all’avventura preferisce la docile calma dei giorni sempre uguali.
Siamo fatti di contrasti, esploriamo e ci adagiamo, vogliamo viaggiare e scoprire ma anche essere comodi, vogliamo guarire i malanni dello spirito ma perseguiamo con gli stessi pensieri ed atteggiamenti…incamminandoci possiamo forse cambiare, un passo alla volta.
Il racconto sulle Dolomiti Friulane, o come vogliamo chiamarlo continua, nei prossimi giorni, lontano dai social e da questo blog, per raccogliere idee e sensazioni, per mettere nero su bianco, per scrivere altre righe e altre pagine. Mi farebbe piacere cosa ne pensi intanto, scrivi pure qui sotto, tra i commenti o sulla mia pagina Facebook.
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