Il Rinascimento dei luoghi dietro casa. Prima delle montagne, delle colline, degli eventi grandi e piccoli, oltre ciò che appare evidente e famoso, ci sono piccole chiese, quasi dei tempietti, davanti cui l’autista non getta, se va bene, che uno sguardo distratto. Guarda e passa, ignaro dei colori, delle forme e dei simboli. L’ho fatto anch’io, chissà quante volte. Un sabato di inizio ottobre, ho sfidato la pigrizia naturale di un uggioso sabato autunnale, per scoprire uno dei più grandi artisti del Rinascimento del Friuli, Giovanni Antonio de’ Sacchis.
Alla riscoperta di Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone
Vivi nei luoghi ma è come se li attraversassi e basta, come se tutto fosse solo un contorno all’esistenza veloce e distratta che sembra l’unica l’alternativa. La storia si studia a scuola per prendere un buon voto, la si legge su qualche articolo o didascalia e finisce per scorrere via, come la sabbia del tempo.
Quante volte ho sentito nominare “il Pordenone”, Giovanni Antonio de’ Sacchis? Pittore del Rinascimento a cui erano dedicate la mie scuole medie, oppure il personaggio di un romanzo che ho letto non tanto tempo fa, “Il giardino del benandante“. Poi il vortice delle cose, apparentemente urgenti, l’ha tenuto sullo fondo, finché un’iniziativa del Comune di Pordenone mi ha dato la possibilità di fermarmi ed approfondire.
Questo bisogna fare, questo deve essere il viaggio, anche se a pochi chilometri di casa: la possibilità di scendere, di rallentare e dedicarsi del tempo ad ascoltare le storie che sgorgano da ogni dove.
Le chiese di provincia, a volte piccole cornici di pietra lungo strade ora poco frequentate, si sono aperte, e grazie alle parole le storie affrescate si sono fatte significato più profondo.
Un’occasione di turismo lento, seguendo le opere di Giovanni Antonio de’ Sacchis
La storia dell’arte non è mai stata per me una passione. Mostre e musei si sono accumulati negli anni come appunti che spesso dimenticavo, non per difetto di memoria ma di volontà. Forse mi incutevano timore le parole che invece di svelare, ricoprivano le opere d’arte con una spessa mano di formule e pensieri, troppo astratti.
La visita alle opere di Giovanni Antonio de’ Sacchis non è stata una carrellata di immagini dentro un museo, un susseguirsi di informazioni e di dati, ma in fondo un vero e proprio viaggio partito da Pordenone per seguire le curve e le salite di quella Pedemontana, che mi diverto a scoprire e a raccontare, un pezzo alla volta.
L’arte non è mai fine a se stessa. Men che meno quando si ha di fronte un affresco, che per sua natura è adagiato, come una corteccia di un albero, su una superficie, le cui radici affondano nel territorio. L’arte esce dai libri, dalla critica, dalle parole che rischiano di coprire, per svelare la ricchezza dei luoghi che ne sono stata nutrimento. L’arte allora diventa turismo, occasione per scoprire che proprio lì, in quel luogo apparentemente senza nome e gloria, si nasconde un’opera d’arte di incommensurabile valore, magari più riconosciuta fuori che qui.
L’arte diventa possibilità di crescita personale e collettiva, perché se da una parte eleva la mente, nutrendola di conoscenza e stimoli, forse anche lo spirito di fronte ai simboli che gli affreschi comunicano, sicuramente può portare benefici a quei borghi che sonnecchiano ai margini e che invece tanto potrebbero raccontare al mondo.
Paesi come Gaio, Valeriano, Pinzano al Tagliamento e Travesio, hanno aperto delle porte da cui sono usciti spiragli di luce, quella delle opere di un artista che ha viaggiato e lavorato per diverse corti italiane, partecipando a progetti importanti, anche a Venezia. Il Pordenone, come viene chiamato spesso Giovanni Antonio de’ Sacchis, fece tappa a Ferrara, a Piacenza e a Cremona, testimonianze di un talento che lo fece entrare di diritto nel famoso “Le vite” di Giorgio Vasari, storia e compendio dei grandi artisti del Rinascimento.
Il viaggio che il Pordenone fece allora, è come se oggi potesse tornare indietro. Invece di esportare capacità e bellezza, ora si vuole portare qui, nei paesi, non nelle città dai grandi nomi, i viaggiatori che cercano la possibilità di stupirsi, di fronte ad una natività o un San Michele che trafigge il Drago.
Difficile evocare i colori vibranti, le forme imponenti, gli incarnati o le geometrie aperte. Non sono un critico e credo che mai potrei esserlo. Le foto poi sono poca cosa, perché bisogna darsi tempo e possibilità, di fare qualche chilometro e di venire qui, aprire il portone di una chiesa e ascoltare le parole di una guida, o le evocazioni che emanano i sottili ma profondi strati depositati dai pennelli cinque secoli fa.
In poche ora la visita guidata ha dato luce a Giovanni Antonio de’ Sacchis, fornendomi finalmente l’occasione di conoscerlo un po’ di più. Mi ha permesso di capire che nei luoghi dietro casa ha operato un grande frescante, un manierista e forse un precursore del Caravaggio, sicuramente un’altra voce di un territorio che va svelato e raccontato, per potergli restituire la consapevolezza della sua bellezza.
Le visite continuano nelle prossime settimane. Sono l’inizio di un progetto più ampio che vuole dare valore al Friuli occidentale, in previsione di una grande mostra di valore interazione dedicata al Pordenone nel 2019.
Scrivi un commento