Nulla è banale davvero una volta che abbiamo aperto la porta di casa e abbiamo deciso di partire. Un luogo che si trova a pochi chilometri da dove scorre la vita di ogni giorno può diventare un viaggio tale e quale a quello che si farebbe solcando gli oceani. Il Delta del Po, appena oltre i confini di quello che credo di conoscere, si è rivelato per me un enorme tesoro di immagini, di sensazioni e di fascini che mi fa sempre più pensare a quanto sia fortunato a poter conoscere l’Italia delle piccole destinazioni, delle valli, delle montagne, dei piccoli borghi e dei tratti di costa lontani dal turismo di massa. È tutto qui attorno a noi, basta coglierlo con animo aperto.
Da tempo sentivo il desiderio di poter incontrare le foci del fiume più lungo d’Italia, quella distesa di acqua che un po’ avevo seguito nell’Oltrepò Mantovano e che mi capitava di attraversare distratto andando verso sud. Il richiamo delle lagune, dei mondi di confine, degli spazi dove la terra e il cielo si fanno incerti, è parte di me. Forse perché fin da piccolissimo sono stato portato a Bibione o perché ho studiato a Venezia, o forse perché i territori dove finisce la produttiva e frenetica pianura, sono momenti dove il silenzio e la quiete sussurrano qualcosa di indefinito che mi porta via, lontano dalla vera banalità, quella del male che ci facciamo l’un l’altro.
Per quel puro caso che non è mai casuale, mi sono trovato ad andare per lavoro a Rosolina, nella parte settentrionale del Delta del Po, portandomi dietro un po’ il pregiudizio che novembre non sia un buon mese per i viaggi, se non verso lidi lontani cosparsi di palme e d’estati perenni. Un giorno imparerò a partire senza le valigie dei miei pensieri, veramente libero di non aspettarmi nulla, di raccogliere solo quello che le strade possono offrire.
Una domenica mattina, luminosa e senza traffico, mi sono trovato sulla spiaggia di una località dell’alto Adriatico, che mi pareva non avesse nulla da offrire, oltre la grande tranquillità del litorale spento dopo la stagione turistica. Un giro in macchina mi ha aperto gli occhi e la mente su dov’ero veramente, non una delle tante cittadine di mare che vivono solo d’estate, ma una terra circondata da riflessi e bellezze che è così strano siano così poco conosciute.
Verrebbe infatti da urlare al mondo che il Delta del Po andrebbe visitato sempre, anche di novembre, che queste lagune, queste valli da pesca, queste sottili strisce di terra che paiono tenui linee pronte a scomparire nelle acque salmastre, sono molto di più di tutti i pregiudizi che si possono contenere nelle nostre tasche.
Le urla però non servono quasi mai e convincere gli altri è un processo che si svolge lentamente. E lenti sono questi luoghi, che crescono un po’ ogni anno grazie ai sedimenti del Po, che mutano e mai rimangono simili, geografie che non vanno conquistate a colpi di numeri imponenti ma apprezzati da persone che vengono qui in punta di piedi, sui pedali del cicloturismo, nei colpi d’occhio della fotografia naturalistica, nei remi di una canoa o a bordo di poche barche che ci facciano vedere il Delta del Po secondo altre prospettive.
Qui ci vuole silenzio, per avvistare decine di specie di uccelli, per camminare nelle pinete del Giardino Botanico di Porto Caleri, per trattenere il fiato quando il sole del pomeriggio riveste d’oro gli specchi d’acqua e poi il tramonto passa la sua mano di rosso su ogni riflesso. Qui non siamo solo in un luogo ma in una Riserva della Biosfera, riconosciuta nel 2015 dall’UNESCO, un tesoro importante non solo per chi come me ci vive vicino ma per l’intero pianeta.
Quel silenzio, quelle distese di acqua che non si capisce dove iniziano e dove finiscano sono entrate dentro, di colpo e senza preavviso. Due giorni mi sono bastati per instillare dentro di me il bisogno di ritornare, per fissare nella mia mappa interiore un segnaposto per future esplorazioni.
Le parole questa volta ho deciso di trattenerle, non perché manchino, ma perché hanno bisogno di uscire piano piano, per indicare percorsi ed informazioni. Del Delta del Po ho voluto solo evocare qualche immagine sparsa, una visione d’insieme come una piccola ancora da gettare per fissare un punto in questo orizzonte al quale tornerò.
Il resto sono voli di uccelli prima della fine del giorno, sono pescatori che camminano nelle acque in cerca di tesori nascosti, sono ciuffi di tamerici ai bordi dei canali, sono strade che pur avendo un nome non serve pronunciarlo, restando zitto finché la notte mi riporti indietro in attesa di una nuova luce sulle lagune e sulle spiagge selvagge…
Bellissimo articolo, Luca. Una nuova risonanza di profondità autentica. Grazie. Piera
Grazie di cuore Piera, i tuoi commenti sono preziosi!
[…] con una delicatezza capace di risuonare solo per i viaggiatori più consapevoli, meno distratti. Posso allora ritornare nel Delta del […]