La montagna è fatta per tutti, non solo per gli alpinisti: per coloro che desiderano il riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte.
Guido Rey
Le montagne, sono pareti di roccia e vegetazione che chiudono il mio orizzonte da quando ho capito cosa fosse un orizzonte, sono una barriera naturale che non fa vedere cosa c’è più in là, sono un limite che protegge e custodisce, sono un regno ignoto, che per tanti anni non ho mai considerato. Ho dovuto viaggiare in luoghi remoti ed esotici, come l’Australia o l’Amazzonia per rendermi conto del tesoro nascosto in quel confine verticale. C’è chi percorrere migliaia di miglia per giungere tra le Alpi segrete che io posso quasi toccare dalla finestra di casa.
Non esiste un tempo prestabilito dagli altri per le passioni o per gli amori. L’importante è accorgersi di ciò che c’è attorno a noi, di come dare voce ai nostri bisogni e a quelle cose che non hanno voce umana ma che parlano in modo molto più chiaro. Così, ho iniziato a varcare quel confine, penetrando una geografia completamente nuova ma in fondo in totale sintonia con il mio bisogno di quiete e di ispirazione.
Insieme alla geografia fisica fatta di sassi, di alberi e nuvole che cambiano veste in continuazione, come solo in montagna sanno fare, è venuta anche la geografia del pensiero, di informazioni, di mappe, di libri e di sogni.
Nonostante il web, gli ebook, mi piace ancora entrare in silenzio, mettendo off line il telefono, nelle piccole biblioteche dei paesini attorno cui abito. Mi piace vagare tra gli scaffali o fermarmi davanti alla sessione delle “novità”, per toccare con le mani un libro dal titolo bizzarro, per poi rimetterlo apposto o portarlo insieme a me, a casa o in giro, per un mese.
Alpi segrete, storie di uomini e di montagne, di Marco Albino Ferrari, era tranquillo sulla terzultima fila dello scaffale, con l’aria seria di un saggio. Non avevo voglia di una lettura piena di ricerche e di opinioni. La mia testa è già così piena di pensieri, che trovo nei siti o nei social media, che quando leggo, ho solo voglia di bellezza e di storie. Il sottotitolo “storie di uomini e di montagne” prometteva però parole e immagini capace di placare la mia sete di leggerezza.
È strano associare la leggerezza alle montagne, alle rocce ma anche alle dure condizioni del clima e di conseguenza della vita, ad una certa altezza oltre la pianura, verso il cielo. Eppure, lo slancio che si compie salendo a piedi, passo dopo passo, con fatica, è capace di trascinare a valle i macigni che ci portiamo appresso, quelli della vita di ogni giorno, delle corse, della reperibilità continua, del domani devo fare, della fuga costante verso un futuro che di fatto non c’è qui e ora.
Avevo voglia di storie e le ho trovate. Passi che si allungano da ovest verso est, dalle valli occitane del Piemonte fino a quelle ancora più remote della mia regione, il Friuli-Venezia Giulia. Storie di comunità testarde e fiere, di alpinisti che nel XX secolo hanno aperto vie e nuovi modi di vivere la montagna, storie ai margini del turismo di massa.
In questo libro che scorre veloce ho ritrovato le Alpi segrete che si estendono oltre quel confine verticale che segna il mio orizzonte. Per quanto citate solo di passaggio, tra il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e le Alpi Giulie, non ho potuto non pensare a quella valle in cui almeno una volta l’anno devo andare a camminare, nel silenzio del fiume che precipita a valle e del mio respiro che rallenta.
Ho scorto, con l’occhio della mente, una striscia di asfalto che si fa ghiaia e poi scompare tra faggi e pini, ho visto il cielo di un blu che quasi fa male, prezioso dono dell’estate. I miei pensieri si muovevano nella Val Cimoliana, nel Parco delle Dolomiti Friulane, ma anche nelle valli vicine percorse da passi e parole, lungo i sentieri della memoria e della speranza di un futuro diverso per questi luoghi preziosi, per troppi motivi, che non possono rischiare un abbandono totale.
Le Alpi segrete sono queste, terreni conquistati in secoli di lotta che non aveva però quel senso di sopraffazione che oggi coltiviamo, quello di essere superiori e padroni di tutto, quando basta una gelata a fine aprile per rovinare i raccolti di una fiera agricoltura industriale. Era lotta indubbiamente, fatica infame e tremenda – non serve idealizzare il passato – ma era anche amore, per quelle terre alte ed inclinate che nonostante tutto erano una casa.
Marco Albino Ferrari è un alpinista che non ama il turismo che inventa bisogni e distrugge. Le sue pagine sono piene di strali contro un’industria pesante e caotica. Io che non amo le polemiche e che cerco di non ragionare come un tifoso, accecato dalle passioni, mi chiedo però cosa possano fare coloro che vivono nelle Alpi segrete, di cosa possono vivere, senza dover precipitare a valle, nel baratro di una cultura del cemento e del profitto ad ogni costo, che comunque ha i giorni contati.
Già quando parliamo di qualcosa di segreto, questo cessa di essere tale, è il grande rischio della comunicazione. Le valli poco battute, come la Val Cimoliana, prima o poi verranno “cantate” da qualcuno di famoso e allora turisti senza consapevolezza affluiranno sempre di più, magari gettando plastica e latta tra i pini mughi e i sassi di dolomia. Che fare allora di queste Alpi segrete che oramai rischiano di non essere più tali?
Cantiamo la loro bellezza, elogiamo la loro pace, perché esse non hanno voce umana, ma hanno bisogno di parlare e dire la loro. Chi vive in queste valli amene quanto dure ed impervie, nella geografia delle rocce ma anche dei cuori, deve poter rimanere lì a far da custode, a porsi come fiero argine di una marea di spazzatura fisica ed emotiva che sale dalle pianure.
Per fare questo serve un nuovo turismo, che prima o poi non si chiamerà neppure più così. Serve un nuovo modo di staccare dalla vita frenetica delle città, per ritrovare i propri passi. Non saranno solo vacanze allora, non ci sarà bisogna di altro cemento e di altro asfalto, ma nuove comunità capaci di dialogare e di capire come sviluppare delle imprese etiche.
Le Alpi segrete cesseranno allora di essere idilio dei poeti e degli alpinisti solitari, saranno una riserva di ossigeno e di bellezza, capace di costruire un orizzonte per una vita migliore, nelle cime come nelle pianure.
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