La vita è fatta di storie, di parole che si rinnovano ogni giorno, capaci di dare significato al passato e anche al futuro. Nei monti dietro casa si nascondono paesaggi e racconti che restano spesso sospesi, come vapore che esce dalle bocche in inverno, storie di uomini e donne comuni che hanno il fascino dello straordinario. Il compito di persone come me, che compongono parole per gli altri, è di collezionarle, un passo dietro l’altro, per affidarle al viaggiatore ma anche di restituirle al territorio. PassiParole, iniziativa de Lis Aganis-Ecomuseo delle Dolomiti Friulane, diventa l’occasione per camminare in vecchi sentieri, tracciati da sogni e speranze, che seppur legati ad un passato contadino che appare lontanissimo, possono e anzi devono, diventare occasione per rafforzare le comunità, per restituire loro autostima, per creare forme dolci di turismo. Senza consapevolezza di chi si è, esiste solo il cemento che si sgretola, il denaro che si prosciuga.
Il primo volo
PassiParole nel fresco di una domenica mattina, nel piccolo paese di Meduno, dove i partecipanti si raccolgono prima di salire lungo strade disseminate delle foglie secche, di alberi che esplodono nei colori dell’autunno. PassiParole, tra l’erba secca e i crinali che di colpo si facciano sulla pianura, come un precipizio, fino al mare. Attorno a noi il tedesco e forse l’ungherese, di persone che vengono qui per sfruttare le correnti ascensionali e volare con il parapendio.
Un’anziana signora ci chiede di fare cerchio e ci distribuisce delle copie di vecchie foto in bianco e nero, immagini dove la terra si confonde con il cielo, dove si staglia solo una macchina che pare uscita dagli schizzi di Leonardo da Vinci, il simbolo di un antico sogno, quello di lasciare la pesantezza del suolo per l’imprevedibilità dell’aria. Dentro la macchina, un aliante, Ugo Zannier, ventenne di Clauzetto, che seguiva la sua passione, quella di volare sfidando le leggi di gravità e le poche risorse di un’epoca in cui il Friuli era terra povera, di emigranti. Il 31 luglio 1933 il sogno prese il volo, “il Friuli” si librò sopra la pianura che vedo oltre i miei piedi, solcata dal fiume Meduna e più in là dal Tagliamento, mentre in lontananza si scorgono i bagliori dell’Adriatico. Il cielo di oggi è forse simile a quello di quel giorno. La terra di oggi conserva ancora l’eco del volo e lo sussurra ai 4 angoli d’Europa, che qui arriva per innalzarsi al di sopra del quotidiano.
Navarons, PassiParole nei sogni di libertà
Un piccolo borgo, di vicoli che si rincorrono, di case di pietra sopravvissute al terremoto del 1976, di finestre e porte chiuse dalla modernità che ha portato i sogni e gli abitanti a valle. Navarons tace del silenzio delle domeniche d’autunno, di quello dei boschi attorno e dei grigi del cielo.
All’improvviso delle voci spezzano la quiete e portano i presenti verso un passato lontano, come le storie che parlano di schiavitù e di emancipazione, di ideali che non fanno calcoli ma che sfidano il potere. Due donne ed un uomo, una piccola compagnia di teatro della zona, in versi e in gesti, racconta le speranze e le illusioni di Antonio Andreuzzi, dottore di Navarons, che nell’ottobre 1864 insieme ad un pugno di ribelli osò sfidare l’impero degli Asburgo, per liberare il Friuli, per dare vita ad un’Italia repubblicana in un’Europa unita. Mazziniani, garibaldini, parole che sembrano non avere più alcun senso nei passi di oggi solcati da un’automobile o da un telefono cellulare che squilla, eppure restano le tracce, di utopie che cambiano il nome ma che rimangono sempre speranza di libertà da un’oppressione.
PassiParole in Val Tramontina, lavori del passato e del futuro
Pochi chilometri, qualche curva attorno ad un lago, i boschi che si fanno più fitti, l’aria che sa più di montagna e si scrolla di dosso i residui della pianura. Tramonti di Sotto non mi è nuova, è un po’ diversa dal solito, perché sono abituata a vederla con il suo volto di primavera o d’estate. Le strade oggi sono invece deserte ma non abbandonate. Le percorriamo lentamente, attenti al verde ancora brillante dell’erba, mentre le cime dei monti sono già dominio del rosso dei faggi. Il suono dell’acqua che scorre ci attira verso un prato che sembra anonimo mentre nasconde una storia della valle, resti di pietra che parlano della lavorazione del feltro e della canapa nel Medioevo. Il Molino Bidoli è testimone di secoli che scorrevano lenti come l’acqua della roggia che ci ha accolto, tempi in cui le rivoluzioni erano quelle del sole e degli astri, in cui si lavorava quasi tutto con le mani, così come il rame ed il vimini, di cui ci parla l’ultimo stagnino della valle, che terminò questo suo lavoro nel 1956.
Nel paese di Tramonti di Sotto si apre una porta e qualcuno ci invita ad entrare. Un luogo che si chiama “Casa della Conoscenza” è un riparo dal freddo ma soprattutto dall’oblio. Qui operava una latteria turnaria, manufatto di un’epoca non lontana dove ogni famiglia aveva pecore e vacche, dove per abbattere i costi, il formaggio veniva lavorato collettivamente, un po’ come succedeva per il pane. L’industrializzazione e poi il terremoto hanno trascinato via questa economia di sussistenza ma il presente, fatto di corsa e mancanza di poesia, ha riportato qui dei sognatori e dei realisti, come Amanda.
Lasciato l’impiego redditizio e sicuro in pianura, questa donna dal carattere deciso ha scelto la Val Tramontina per dare voce alla sua passione: gestire una fattoria sociale e didattica, aperta alle persone con disabilità e alle scuole. Una parte della vecchia latteria è così tornata a vivere, per produrre formaggi di pecora e di vacca, che vengono venduti nelle città a valle, grazie ad una rete informale di produttori e distributori legati dalla filosofia della filiera corta.
PassiParole al tramonto, mentre i piccoli borghi per cui siamo passati chiudono i balconi e le porte, mentre il cielo diventa scuro e viene notte, il momento in cui le storie del giorno, da frammenti si fanno racconti, non per addormentare i bambini ma per svegliare gli adulti. Perché qui, dietro casa mia, c’è un mondo di passioni e sogni a cui bisogna dare voce e spazio.
Seguimi, ti racconterò dei prossimi passi e delle prossime parole organizzati dall’Ecomuseo Lisaganis.
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