Le prime piogge che spazzano ogni traccia d’estate, le finestre che si chiudono e il fumo che si alza dai comignoli. L’autunno è arrivato e tanto vale accoglierlo per quello che è, la stagione in cui la luce scema, fino a toccare il punto più basso, il periodo dell’anno in cui rifugiarci al caldo della nostra intimità.
Certo, potrai sempre lottare e prendere un aereo, o se sei fortunato un treno, per andare laddove l’autunno è mite come un’estate delicata, dove le giornate possono essere corte ma si può ancora stare in maglietta a mezzogiorno. Oppure, puoi andare ai Tropici dove non ci sono le nostre stagioni o ancora più lontano, dove queste sono opposte alle nostre.
Io scelgo di svuotare le valigie dei sogni d’estate per ritirami nelle mie stanze o in qualche caffè caldo, in compagnia dei progetti per il prossimo anno, quando le strade diventeranno libere e riapriranno i porti che guardano al nuovo.
Non vorrà dire che scomparirò. L’autunno non significa chiudere la testa sotto le coperte e aspettare che passi. E’ meglio coglierne l’essenza, il ritorno a ritmi più lenti, a pensieri meno voraci. L’autunno è un po’ staccare la spina e quando il sole spunta, seguire la luce verso un bosco di campagna o tra i monti, in cerca di quello che va di moda chiamare foliage, il trionfo di colori delle piante decidue, che prima di svestirsi per l’inverno si infiammano di amore.
Ho trovato questa passione vegetale in Val Pusteria ma la scorgo un po’ ovunque, anche nei monti dietro casa, nell’altipiano del Cansiglio, dove ci sono angoli di foresta che paiono magici o come l’altro giorno, andando in Piancavallo.
Non serve andare lontano. Serve avere la pazienza di dire di no al rumore e alla corsa frenetica di ogni giorno, serve avere il coraggio di seguire la bellezza, che non è detto sia sempre davanti ad un soffio d’Oriente.
Poi, quando l’aria fresca della sera scende dalle vette e scuote i faggi o i larici, facendo cadere lacrime gialle e rosse, quando le nuvole si tingono di una luce che nonostante tutto resiste, è bello cercare un fuoco, di un camino o di un cuore, a cui tendere le mani per scaldarsi. Fuori dalla finestra è notte e lo spirito sussurra la dolce malinconia del buio, del dormire presto, perché servono le forze per il nuovo di cui non c’è ancora segno, ma che non tarderà a sbocciare.
Il resto è un suono che mi accompagna questa sera, mentre tutto per un istante, raro ed infinito, tace….
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